AMBIENTI PIU' SICURI
04/04/2023 12:50:40
Ambienti più sicuri
Nuove tecnologie contrastano la diffusione di virus e batteri attraverso applicazioni innovative tra cui tessuti e rivestimenti ceramici ad azione antimicrobica
Dott. Claudio Caprara
Specialista in Igiene-Sanità pubblica
La contaminazione microbica rappresenta un problema di salute pubblica globale, reso più acuto ed evidente da particolari condizioni contingenti (pandemia). Diversi agenti infettivi, quali virus, batteri, protozoi e funghi, possono infatti contaminare superfici ed ambienti di vita costituendo un concreto rischio per la salute. Il pericolo riguarda non solo virus respiratori, ma anche agenti infettivi emergenti, aspetto amplificato dal fenomeno della resistenza ad antibiotici e disinfettanti, fattore che ha incrementato l’interesse per lo studio di tecniche di sanificazione innovative.
I metodi convenzionali, basati sull’uso di prodotti chimici, sono stati messi in discussione a causa della crescente esposizione della popolazione e della dispersione nell’ambiente. In particolare tali agenti chimici, reagendo, sviluppano sottoprodotti della disinfezione, che potrebbero avere effetti indesiderati, per cui la ricerca scientifica ha considerato strategie alternative e sviluppato metodi innovativi.
Ricerca scientifica e sviluppo industriale si impegnano nella realizzazione di tecnologie “green” che possano potenziare la disinfezione in modo sostenibile
Nuove tecnologie “green”
L’introduzione di nuove tecnologie più rispettose per l’uomo e per l’ambiente promette di aiutare nel controllo del rischio biologico, contribuendo a superare alcune criticità. Per tali motivi, ricerca scientifica e sviluppo industriale si impegnano quotidianamente nella realizzazione di tecnologie “green”, compatibili e sostenibili, che possano potenziare la disinfezione in modo sicuro per l’ambiente. Tra le nuove proposte un ruolo di particolare rilievo è stato assunto dalle tecnologie fotocatalitiche.
Cos’è la fotocatalisi?
I primi studi sulla fotocatalisi risalgono al 1972, quando alcuni ricercatori accertarono l’effetto fotocatalitico del biossido di titanio, un composto chimico che si presenta sotto forma di polvere cristallina incolore.
Come definito dalla International Union of Pure and Applied Chemistry (IUPAC) nel 1997, la fotocatalisi è “il cambiamento nella velocità di una reazione chimica (o il suo inizio) sotto l’azione della radiazione ultravioletta, visibile o infrarossa in presenza di una sostanza, ovvero il fotocatalizzatore, che assorbe la luce ed è coinvolto nella trasformazione chimica dei componenti di reazione”. Quindi, attraverso aria, luce e acqua, si attiva un processo ossidativo che alla fine è in grado di attaccare molecole batteriche ma anche di agire su alcuni composti inquinanti, neutralizzandoli.
Il processo fotocatalitico genera infatti specie reattive dell’ossigeno (o radicali liberi) che possono determinare la degradazione di diversi gruppi di composti organici e inorganici, oltre ad essere in grado di inattivare microrganismi patogeni. Il meccanismo antimicrobico dovuto all’azione fotocatalitica non è ancora completamente spiegato, ma può determinare danni alla parete o alla membrana cellulare batterica e alterazioni di macromolecole, come ad esempio le proteine.
Quali applicazioni?
Dagli anni ‘70 ad oggi sono stati condotti vari studi sull’impiego della fotocatalisi per diversi scopi, tra i quali la bonifica ambientale, la purificazione di aria, acqua e suolo, e l’auto-disinfezione. Le applicazioni sono state considerate sia per ambiti ad elevato rischio come ambienti ospedalieri, ma anche per usuali contesti ricreativi, sportivi, e diversi luoghi sia esterni che interni. Le applicazioni della fotocatalisi si spingono anche ai tessuti e ai dispositivi di protezione individuale come le mascherine usate per contrastare la contaminazione aerea, in cui l’uso di materiali fotocatalitici ha mostrato un’azione protettiva ed un incremento della loro durata ed utilizzo, favorendone il riciclo e riducendone la dispersione nell’ambiente.
La fotocatalisi è stata applicata anche in ambienti aperti per il trattamento di inquinanti atmosferici, con riferimento non solo alla riduzione della contaminazione microbica, ma proprio di alcuni inquinanti chimici. Alcune vernici, usate per pareti o per opere artistiche come murales, sono state ingegnerizzate per ottenere questi effetti sanificanti.
Il meccanismo di inattivazione dei virus mediante fotocatalisi è ancora da chiarire, ma è già stata dimostrata l’efficacia del sistema con diverse prove di laboratorio, utilizzando numerosi tipi di microorganismi, tra cui anche Sars-CoV-2.
L’uso di nano e micro particolati
L’applicazione nel rivestimento di superfici in diversi ambienti permette, non solo di conferire interessanti proprietà antimicrobiche, ma anche di attivare meccanismi di auto-disinfezione, contribuendo, pertanto, a ridurre i rischi di trasmissione di alcune malattie infettive e favorendo comunque il mantenimento di una bassa carica microbica. Per potenziare questi rivestimenti sono state sviluppate anche diverse nanotecnologie (dimensioni di un miliardesimo di metro), ma studi recenti mostrano come l’azione antimicrobica sia presente anche a livello micrometrico (un milionesimo di metro). Questo aspetto è molto rilevante anche per la sicurezza, in quanto le nanoparticelle sono state associate a possibili rischi per la salute, per cui poter disporre di materiali fotocatalitici 1000 volte più grandi (dell’ordine del micron) rappresenta un’opportunità di grande interesse, non solo scientifico o industriale, ma anche per il cittadino e gli ambienti in cui si trova a vivere quotidianamente, svolgendo attività ricreative od occupazionali.
Una soluzione innovativa riguarda la realizzazione di nuovissimi materiali avanzati costituiti da ceramiche con una capacità antimicrobica esaltata dalla luce
Le ceramiche
Una sfida tecnologica riguarda le modalità con cui porre questi materiali su superfici di diversa tipologia, come per esempio pavimenti, mobili, pareti, tubature e vasche. Varie soluzioni sono state sviluppate, ma tra queste una estremamente innovativa e promettente riguarda la realizzazione di nuovissimi materiali avanzati costituiti da ceramiche con una capacità antimicrobica esaltata dalla luce (ad es. la ceramica Advance prodotta da Italcer in forma micrometrica). Questo risultato è di particolare interesse, sia per la resistenza di questi materiali, sia per la loro duttilità in applicazioni per pavimenti e rivestimenti di varie strutture, e varie tipologie di ambienti, sia all’esterno che all’interno.
Quale futuro?
Tra i vari materiali utilizzati come fotocatalizzatori sono conosciuti il Biossido di Titanio, gli Ossidi di Ferro,
l’Ossido di Zinco, il Triossido di tungsteno e il Diossido di Stagno. Ognuno presenta alcune limitazioni e tra questi, il Biossido di Titanio è considerato uno dei candidati migliori per diversi motivi, tra cui la stabilità e il basso costo. Tuttavia, anch’esso presenta dei limiti, quali una possibile tossicità a livello di nanoparticolato e spesso la necessità di utilizzare luce ultravioletta per ottenere una maggiore efficacia. I raggi ultravioletti, infatti, seppur desiderabili per stimolare la produzione di vitamina D e favorire l’abbronzatura, alle frequenze usate per disinfettare possono essere potenzialmente cancerogeni, per cui diviene difficile poterli diffondere in presenza di persone. La luce, invece, non si nega a nessuno e fa parte delle diverse attività quotidiane, tanto quella solare che quella artificiale. Pertanto, lo sviluppo di nuovi fotocatalizzatori è auspicabile, e la ricerca si sta muovendo verso materiali che possano superare i limiti di quelli attualmente noti e già disponibili.
Di particolare rilevanza è lo sviluppo di fotocatalizzatori attivi alla luce visibile o persino in condizioni di assenza di luce, e fissati su diverse tipologie di supporti. Tra questi, particolarmente promettenti sono le ceramiche innovative, applicabili per la loro stabilità, durata e versatilità in diversi settori, incluso il contesto dei trattamenti dell’aria e delle acque, attraverso dispositivi appositamente ingegnerizzati.
Studi recenti hanno dimostrato che l’attività di abbattimento di microorganismi può essere ulteriormente potenziata dalla presenza contemporanea di altri agenti antimicrobici, ad esempio silici e sostanze vetrose contenenti ioni rame e argento, oppure prodotti che contengono argento metallico complessato, che agiscono come ulteriore serbatoio di sostanze attive in grado di attaccare i microorganismi. Nuove molecole e processi chimico-fisici per fissarle sono in continuo sviluppo e sperimentazione in diversi Centri di ricerca, anche in Italia.
I risultati preliminari ottenuti finora dai vari ricercatori in questo campo sono promettenti e rendono auspicabili ulteriori approfondimenti per valutare e ottimizzare i diversi parametri coinvolti nel processo fotocatalitico.
L’obiettivo di questo progresso scientifico è rendere tale tecnologia ancora più efficace, al pari delle metodologie di disinfezione tradizionali e già consolidate, ma tendendo sempre più a raggiungere una maggiore sostenibilità, sia per le persone che per l’ambiente. Al momento, i materiali antimicrobici non possono sostituire i classici metodi di disinfezione, ma rappresentano una promettente opportunità, specie in ambienti in cui la carica microbica deve essere tenuta sotto controllo per le attività che vi vengono svolte oppure per adempiere a particolari requisiti di igiene, o semplicemente per migliorare la salubrità di spazi in cui soggiornano persone fragili.
I materiali antimicrobici rappresentano una promettente opportunità specie in ambienti in cui la carica microbica deve essere tenuta sotto controllo
Tutti questi sforzi e avanzamenti tecnologici, però, non devono farci apparire i microrganismi come sempre patogeni e nemici da sconfiggere, bensì anzi il più delle volte sono alleati con cui convivere. Senza microbi non ci sarebbe vita, i terreni non sarebbero fertili e non consentirebbero alle piante di sopravvivere. Noi stessi non potremmo sopravvivere senza le tantissime specie batteriche che albergano nel nostro organismo proteggendolo, come avviene per le tante microflore che ospitiamo, tra cui il microbiota presente nell’intestino, o in altri tessuti.
Viceversa, occorre ridurre l’utilizzo di agenti chimici antimicrobici detti anche “biocidi”, che inquinano e talora si accumulano nell’ambiente, talora permanendovi per generazioni. Imparare ad usare i principi naturali della disinfezione, basati sulla presenza di luce e molecole d’acqua, è una soluzione avanzata e sofisticata, ma che anche ci riporta in una prospettiva sostenibile o, come va di moda dire, un po’ più “green”.
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